Marco Nesci
La recente mozione votata dal Partito Democratico al Parlamento Europeo ha sollevato un vespaio di polemiche, dipingendo un quadro inquietante della deriva ideologica di un partito che sembra aver rinnegato le proprie radici pacifiste. Il documento, definito da molti come delirante, svela un PD iperliberista e totalmente appiattito sulle logiche della NATO, pronto a sposare una retorica guerrafondaia del resto in sintonia con le posizioni espresse a livello nazionale.
L’approvazione con entusiasmo del piano “ReArm Europe”, nonostante la precedente spaccatura interna e l’opposizione (finta) in Italia, è solo la punta dell’iceberg. Definire la Russia come “la minaccia più grave e senza precedenti nella storia del mondo”, superando persino le barbarie del passato, appare come un’esagerazione propagandistica, soprattutto se si considera che l’asserita “dichiarazione di guerra ai Paesi europei” che avrebbe fatto la Russia è pura fantasia.
Ancora più preoccupante è l’impegno a oltranza per armare l’Ucraina fino alla “vittoria militare decisiva” contro una potenza nucleare, in un momento in cui spiragli di negoziato sembrano timidamente affacciarsi. Questa posizione radicale, che ignora i rischi di un’escalation incontrollata, stride con la necessità di una soluzione diplomatica e pacifica del conflitto.
L’inserimento di “programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani” incentrati su “dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle forze armate” è una manifesta volontà di indottrinare le nuove generazioni a una cultura della guerra, anziché promuovere valori di pace e cooperazione internazionale.
La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla proposta di portare gli investimenti nella Difesa al 3% del PIL, un raddoppio della spesa militare che sottrarrebbe risorse vitali al welfare, ai servizi sociali e al sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Questa scelta politica evidenzia una chiara priorità per gli armamenti a discapito dei bisogni reali dei cittadini, sancendo un distacco incolmabile tra il PD e le esigenze dei lavoratori e delle fasce sociali più povere.
La discriminante della guerra si erge così come un muro invalicabile, rendendo impossibile perfino qualsiasi confronto con chi antepone la spesa militare al benessere sociale. Perseguire la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali non solo è contrario ai principi sanciti dalla nostra Costituzione, ma rappresenta un tradimento delle aspettative e delle speranze delle giovani generazioni, che aspirano a un futuro di pace e prosperità, non di conflitti e distruzione. Il PD, con il voto alla mozione, ha imboccato una strada pericolosa, allontanandosi sempre più dai valori fondanti della sinistra e abbracciando una visione del mondo pericolosamente bellicista e suprematista.

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