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Mattarella a Hiroshima: un discorso sbilanciato che alimenta la russofobia e dimentica la storia

2025-03-09 01:02

Marco Nesci

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Mattarella a Hiroshima: un discorso sbilanciato che alimenta la russofobia e dimentica la storia

Lungi dall'essere un appello alla pace e alla responsabilità, il suo intervento si configura come un atto unilaterale che alimenta la tensione internazionale

di Marco Nesci

 

Le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la sua visita in Giappone, destano profonda preoccupazione e meritano una critica severa. Lungi dall'essere un appello alla pace e alla responsabilità, il suo intervento si configura come un atto unilaterale che alimenta pericolosamente la narrazione russofobica dominante, omettendo colpevolmente fatti storici cruciali e ignorando le complesse dinamiche geopolitiche in atto. In un momento internazionale già infiammato, un simile discorso da parte del garante della Costituzione italiana appare non solo inopportuno, ma attivamente dannoso. La prima, e più sconcertante, omissione è quella relativa al contesto geografico e umano in cui Mattarella ha scelto di esprimersi. Trovarsi a Hiroshima, di fronte ai sopravvissuti dell'unico bombardamento atomico della storia perpetrato contro civili, e non spendere una sola parola di condanna per la responsabilità statunitense in tale immane tragedia, rasenta l'indecenza. È bene ricordarlo: la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki non fu lanciata dall'allora URSS, bensì dagli Stati Uniti d'America. Un atto di indicibile brutalità che aprì l'era nucleare e che, ancora oggi, grida vendetta per le centinaia di migliaia di vittime innocenti. Il silenzio assordante di Mattarella su questa responsabilità storica, in un contesto così carico di significato, suona come un colpo basso alla memoria delle vittime e come un atto di parzialità politica inaccettabile per un capo di Stato che dovrebbe rappresentare tutti gli italiani, e non allinearsi acriticamente a una specifica agenda internazionale.

Non solo, ma l'analisi di Mattarella appare clamorosamente selettiva anche nel valutare le più recenti dinamiche della minaccia nucleare. Mentre punta il dito esclusivamente contro la Federazione Russa, si dimentica – o finge di dimenticare – le provocatorie dichiarazioni di un altro leader europeo, Emmanuel Macron. È notizia di queste ore la sua affermazione sulla necessità di uno  scudo nucleare francese in Europa contro la Russia. Parole che di fatto alimentano la tensione nucleare e che provengono, guarda caso, da un paese membro della NATO, lo stesso blocco atlantico a cui l'Italia aderisce convintamente. Perché Mattarella non stigmatizza anche queste dichiarazioni incendiarie? Perché sceglie di ignorare le responsabilità di un alleato e concentrarsi unicamente su quelle percepite dell'avversario? La risposta appare evidente: il suo discorso è funzionale a una logica di contrapposizione frontale con la Russia, e non a una sincera ricerca di distensione e dialogo.

Altrettanto discutibile è la ricostruzione delle dinamiche relative ai trattati sul disarmo nucleare. Mattarella accusa la Russia di essere promotrice di una pericolosa "narrativa nucleare" anche attraverso il "ritiro dalla ratifica del Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari". Verità parziale e manipolata. Si omette, infatti, di ricordare che a uscire per primi da un trattato cruciale per la riduzione degli armamenti nucleari, il Trattato INF sulle forze nucleari a raggio intermedio, furono gli Stati Uniti nel 2019, con la Russia che seguì solo successivamente come risposta a questa mossa unilaterale. Ancora una volta, la narrazione di Mattarella è sbilanciata e volta a presentare la Russia come l'unica responsabile dell'escalation della tensione. Inoltre, è utile rammentare che il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, citato sempre in chiave accusatoria verso la Russia, al momento della sua firma vide importanti defezioni, come Israele, India e Pakistan, paesi che, nonostante la mancata adesione, non sono certo percepiti come "Stati canaglia" dalla narrazione occidentale. Queste omissioni e semplificazioni minano la credibilità dell'intero discorso presidenziale.

Infine, è doveroso contestare la rappresentazione distorta della dottrina nucleare russa. Affermare che la Russia stia instillando "l'inaccettabile idea che ordigni nucleari possano divenire strumento ordinario nella gestione dei conflitti" è una grave distorsione della realtà. La dottrina nucleare russa, nella sua più recente revisione, prevede l'utilizzo di armi nucleari solo ed esclusivamente in termini difensivi, qualora l'esistenza stessa del paese fosse minacciata. Non si parla di impiego "ordinario", né di utilizzo per fini offensivi. Mattarella sembra ignorare – o scegliere di ignorare – questo dato di fatto, preferendo alimentare lo spauracchio di una Russia aggressiva e irresponsabile, pronta a usare l'arma atomica come strumento di conquista.

L'inquietante riflessione politica che emerge da questo discorso è che il Presidente Mattarella, invece di svolgere il ruolo di garante della pace e della distensione, sembra essersi trasformato in un megafono della russofobia imperante, allineandosi acriticamente alle posizioni più oltranziste della Commissione Europea e della NATO. Il suo discorso a Hiroshima suona come un'ulteriore benzina sul fuoco del conflitto ucraino, e non come un appello alla ragionevolezza e al dialogo. Un atteggiamento preoccupante, soprattutto se si considera che Mattarella è il garante della Costituzione italiana, il cui articolo 11 ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ci si aspetterebbe ben altro dal Presidente della Repubblica: un appello alla responsabilità di tutte le parti in causa, un invito al dialogo e alla diplomazia, e non un discorso sbilanciato e parziale che alimenta la divisione e la contrapposizione. Invece, ci troviamo di fronte a un intervento che rischia di compromettere ulteriormente il ruolo dell'Italia come fattore di equilibrio e di pace nello scenario internazionale, favorendo invece l'escalation e lo scontro.

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