di Roberta Piazzi
Si propone una riflessione circa l'impossibilità di conseguire la parità di genere all'interno di una società capitalista, data la differenza che il capitalismo impone tra lavoro produttivo e riproduttivo.
La logica capitalista non considera ciò che non è mercificabile. Tutto ciò cui non è possibile attribuire un prezzo di mercato non ha valore, quindi il riconoscimento economico, sociale e istituzionale del lavoro si riduce al lavoro salariato.
Di conseguenza tutte le attività riproduttive e di cura, che si svolgono principalmente in casa, vengono escluse dalla logica economica, pur essendo assolutamente necessario al sostentamento individuale e collettivo, in quanto non improntate al commercio diretto.
La differenza nella valutazione produce disparità sociale tra coloro che svolgono tali attività e chi è impiegatə nella produzione.
La cristallizzazione dei ruoli di genere connessi alla cura e alla riproduzione ha origine nell'apparente impossibilità non solo di riconoscere e valutare tali attività come lavoro a tutti gli effetti, ma anche la sessualizzazione delle stesse.
Nel caso in cui la cura venga delegata a persone esterne alla famiglia, spesso si traduce nello sfruttamento dell'immigrazione femminile.
Facendo leva sulla retorica familista e cristiana, il capitalismo si connota come sistema patriarcale: si parla di ruolo strumentale della famiglia, perchè il modello di ottima esistenza femminile coincide con quello di ottima sposa e ottima madre; le attività domestiche e di cura sono avviluppate da un sostenziale sentimentalismo per cui le donne avrebbero una maggiore propensione all'amore conferito dalla maternità, di conseguenza una donna che sfugga a tale ruolo non ama la propria famiglia, è una cattiva madre e una cattiva persona.
La trasfigurazione del lavoro in amore condiziona la coscienza femminile, convincendo le donne che qualsiasi rivendicazione o protesta significhi mancanza d'affetto per i propri cari.
È necessaria una profonda rivalutazione della paternità, non solo per il periodo neonatale, ma anche per tutto il tempo della gravidanza, che consenta una reale condivisione di responsabilità del ruolo genitoriale.
È necessario riequilibrare la differente percezione della natura dei sessi e restituire naturalita' al genere maschile, in modo da scardinare la differenziazione sociale ed economica tra i sessi, tanto sul mercato del lavoro che in ambiente domestico.
La seconda rivoluzione è economico-politica: la disparità di genere è il riflesso di una gerarchia strutturale che si regge sullo sfruttamento del lavoro di cura e del ruolo della famiglia. La concezione sentimentale e moralizzante dei vincoli di parentela fa sì che una grossa classe di attività umane necessarie non venga riconosciuta come lavoro a tutti gli effetti, non venga retribuita, istituzionalmente tutelata come ogni altra, con la conseguenza di essere cancellata e dimenticata dai bilanci del sistema complessivo.
La lotta femminista, non certo quella neoliberista tipicamente occidentale e bianca e che insiste sulla questione da un punto di vista manageriale, non può chiedere pari opportunità all'interno del sistema capitalista, perché il lavoro di cura non è prescindibile, nonostante l'attuale sistema non lo riconosca istituzionalmente come tale.
In sostanza, indipendentemente dal sesso di chi ricopre ciascun ruolo, IL CAPITALISMO, PER ESISTERE, HA BISOGNO DELLE STRUTTURE PATRIARCALI.

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