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Quello della CGIL è un tradimento, un sindacato glorioso che corre dietro i signori della guerra

2025-03-05 01:01

Marco Nesci

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Quello della CGIL è un tradimento, un sindacato glorioso che corre dietro i signori della guerra

una decisione scandalosa e devastante, che proietta la più grande organizzazione sindacale italiana al di fuori della sua stessa storia

di Marco Nesci

 

A pochi minuti dalla chiusura della programmazione per gli articoli del 5 Marzo, nonostante siano praticamente 48 ore che circolano voci, dalle testate più impegnate nella promozione a partire da Repubblica, e in generale  ovunque sulla adesione della CGIL alla manifestazione guerrafondaia del 15 marzo, non è stato comunicato ufficialmente nessuna smentita. Il silenzio in questo caso è preludio di assenso e quindi pubblichiamo l'articolo che segue, perchè in ogni caso il fatto che si lasci ancora aperta questa possibilità di adesione è già di per se un fatto gravissimo. 

 

La notizia è giunta come un fulmine a ciel sereno, un colpo al cuore per chi ancora credeva nella coerenza e nei valori fondanti del sindacato: la CGIL, storica roccaforte dei lavoratori italiani, ha deciso di aderire a una manifestazione pro-intervento militare, schierandosi apertamente per la prosecuzione della guerra contro la Russia. Una scelta non solo incomprensibile, ma profondamente scandalosa e devastante, che proietta la più grande organizzazione sindacale italiana al di fuori della sua stessa storia, calpestandone l'eredità pacifista e tradendo la classe lavoratrice che dovrebbe rappresentare e difendere.

È difficile trovare parole adeguate per esprimere lo sconcerto e la rabbia di fronte a questa decisione. La CGIL, nata dalle lotte operaie, cresciuta a prezzo di sangue e sudore per difendere i diritti dei più deboli, si allinea oggi con le voci più belliciste, quelle che soffiano sul fuoco della guerra, incuranti delle conseguenze umane ed economiche che ricadranno, come sempre, sulle spalle dei lavoratori. È evidente che pressioni esterne, in particolare dal Partito Democratico, hanno giocato un ruolo determinante in questa inversione a U, in questo tradimento dei principi. Ma nessuna pressione politica, nessuna dinamica interna può giustificare una scelta tanto irresponsabile e dannosa.

Storicamente, la CGIL è sempre stata un baluardo del movimento pacifista italiano. Ha marciato contro le guerre, ha levato la sua voce in difesa della diplomazia e della risoluzione pacifica dei conflitti. Come dimenticare le battaglie contro il riarmo, le manifestazioni per la pace, gli appelli al dialogo? Questa adesione a una manifestazione interventista rappresenta una rottura epocale, una sconfessione del suo stesso DNA. È come se il sindacato, in un momento di smarrimento e cedimento alle sirene della retorica guerrafondaia, avesse rinnegato il proprio passato, gettando alle ortiche un patrimonio di valori e di impegno che lo ha reso grande e rispettato.

Ma la gravità di questa scelta non si ferma alla mera incoerenza storica. L'adesione a una manifestazione che invoca la prosecuzione della guerra è un atto ostile nei confronti della classe lavoratrice, il cui interesse primario dovrebbe essere la pace e il benessere, non la guerra e la distruzione. Chi pagherà il conto salatissimo di questa escalation militare? Saranno ancora una volta i lavoratori, le famiglie, i pensionati, i precari. Saranno loro a subire i tagli ai servizi sociali, alla sanità, alla scuola, alle pensioni, pur di finanziare l'insaziabile macchina bellica. La CGIL, abbracciando la causa interventista, si fa complice di una politica economica che sacrifica il welfare a vantaggio delle spese militari, dimenticando che la vera sicurezza e il vero progresso passano attraverso la giustizia sociale, la solidarietà e la pace, non attraverso gli armamenti e i conflitti.

Questa manifestazione, promossa da intellettuali e forze politiche che invocano una maggiore partecipazione al conflitto, si inserisce in un contesto internazionale già drammatico, segnato da una guerra che ha già causato centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi e una devastazione economica senza precedenti. Una guerra che, come evidenziato da più parti, avrebbe potuto essere evitata o conclusa molto tempo fa attraverso la via diplomatica, come dimostrano gli accordi di Istanbul, colpevolmente ignorati e sconfessati da una parte politica occidentale prigioniera di una logica di escalation e di confronto militare.

E cosa dire della natura ambigua e moralmente discutibile del fronte che si vorrebbe sostenere con questa guerra? Un fronte in cui, come sottolineato da osservatori attenti, l'avanguardia è costituita da gruppi nazifascisti, compromettendo irrimediabilmente qualsiasi pretesa di nobili intenti e di valori democratici. Sostenere una guerra in queste condizioni significa macchiarsi di una grave responsabilità morale, avallando una narrazione semplificatoria e ingannevole che disumanizza il nemico e nega la complessità delle dinamiche geopolitiche.

Ma forse, l'aspetto più inquietante di questa adesione è la sua connivenza con gli interessi economici più oscuri e speculativi. Mentre la CGIL si schiera per la guerra, le azioni di Leonardo, il colosso italiano degli armamenti, volano in borsa, registrando impennate vertiginose. È questo il “nuovo corso” del sindacato? Correre dietro ai signori della guerra, benedicendo un conflitto che arricchisce le multinazionali degli armamenti a scapito del benessere e della sicurezza dei lavoratori? È inaccettabile che il sindacato, nato per difendere i diritti dei lavoratori contro lo sfruttamento e l'ingiustizia, si trasformi in un megafono della propaganda bellica, facendosi strumento di interessi economici che sono diametralmente opposti a quelli che dovrebbe tutelare.

La CGIL, con questa scelta, si allontana dai valori di pace, solidarietà e giustizia sociale che l'hanno resa grande. Si allinea a una logica di guerra che è inutile, devastante e moralmente indifendibile. Una guerra il cui esito è incerto, ma le cui conseguenze nefaste sono già fin troppo evidenti. Una guerra che non porterà né pace né sicurezza, ma solo morte, distruzione e nuove tensioni internazionali.

Il glorioso sindacato dei lavoratori italiani, cresciuto a prezzo di sangue e sudore, oggi corre dietro ai signori della guerra, si mette al servizio di interessi speculativi e tradisce la sua stessa storia. È una roba che lascia senza parole, un tradimento che segna una pagina oscura nella storia del sindacalismo italiano. La speranza è che la base, i lavoratori, gli iscritti, sappiano far sentire la loro voce e riportare la CGIL sulla strada della pace, della giustizia sociale e della difesa dei diritti di tutti, perché la guerra non è mai la soluzione, ma sempre e solo l'inizio di nuovi e più gravi problemi. La CGIL, oggi, si è messa fuori dalla sua stessa storia, ma la storia, quella vera, è scritta dalla lotta per la pace e la giustizia, non dall'adesione cieca e acritica alla follia della guerra.

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