E’ difficile, per chi vive ai margini del “ regno”, far comprendere esattamente, cosa abbia significato doversi interfacciare con l’uscente amministrazione comunale in questi due mandati, interrotti dallo scandalo, che ha coinvolto i vertici dell’amministrazione regionale e ha portato a nuove elezioni, che hanno visto l’ex sindaco Bucci affermarsi quale Presidente di Regione, in continuità con la scorsa amministrazione e con l’idea di gestione istituzionale che lo ha caratterizzato durante la sua esperienza come sindaco del comune di Genova.
E’ difficile perché se non si vivono direttamente le situazioni di disagio, di profondo senso di abbandono delle istituzioni, di danni alla salute e ad una dignitosa qualità della vita, ad un territorio sempre più fragile, non si riesce a percepire quanto, invece, la narrazione propagandistica, con cui si presentano opere, definite sempre “strategiche”, non solo per la nostra città ,ma per l’intero paese, continua ad essere divulgata tra la popolazione .
Già a termine del primo mandato del sindaco Bucci, in città, i tanti comitati di quartiere, nati per porre l’accento e denunciare le ripercussioni di scelte e opere che insistono nei vari quartieri, hanno deciso di trovare il modo di unirsi per poter far sentire maggiormente la propria voce, avendo rilevato che, molte delle tematiche da loro trattate avevano in effetti, un filo conduttore. Questo filo riguarda la mancanza di trasparenza e di partecipazione seria alle scelte dell’amministrazione, che vengono praticamente sempre calate dall’alto, per le quali gli abitanti, possono, una volta venuti a conoscenza dei progetti, studiarli e cercare di mitigare i danni, cosa ben diversa dal provare a confrontarsi con chi, il territorio lo vive in tutti i sensi, ascoltandone i bisogni e immaginando la città che si vorrebbe.
Ad oggi tutto questo si è potuto vedere e vivere, ad ogni cantierizzazione, per ogni progetto: dallo spostamento dei depositi chimici di Multedo, che ovviamente non possono continuare ad insistere in una zona fortemente abitata e già compromessa dalla presenza del porto petroli, ma che certamente non potevano, essere posizionati nel quartiere di Sampierdarena, vicina alle case, ad attività già altamente impattanti all’interno del porto, compromettendo il lavoro all’interno dello stesso. Scelta questa, ora stoppata, ma che ha, tra l’altro, messo in contrapposizione bisogni della popolazione di quartieri diversi, cercando di dividere i fronti di lotta, cosa riuscita solo in parte.
O con gli altri progetti, da quello ancora oggi da capire cosa intendano davvero fare, dello Skymetro, allucinante scelta trasportistica, che delinea una mancanza di visione seria e globale del trasporto pubblico locale, come con gli assi di forza che non tengono conto dei disagi di chi usa le linee collinari, o il progetto della rimessa AMT e poi il progetto della funivia del Lagaccio, ideata praticamente esclusivamente per soddisfare gli interessi dei turisti delle crociere. Turistificazione che ha un impatto anche sulla gestione abitativa e quindi sui bisogni di chi avrebbe diritto ad una casa, che si sta scontrando con gli interessi di chi, queste case, le sta adibendo a case vacanza, anche nel centro storico, da qui l’idea che le periferie, non sono solo quelle ai margini della città, ma riguardano la vita sociale ed economica, anche di chi vive in quelle perifierie sociali messe ai margini, da una amministrazione classista, che in più occasioni ha dimostrato quali interessi intende tutelare, non certo quelli dei poveri e dei più fragili.
Basti pensare agli interventi in quella vetrina per ricchi che è il waterfront della Foce, dove neppure il palazzetto dello sport riacquistato dall’amministrazione a caro prezzo, potrà riportare in città eventi sportivi rilevanti. Per poi passare dal progetto di rifacimento della diga foranea che ancora una volta, intercetta gli interessi dei grandi armatori e se ne frega del tutto dell’impatto ambientale, ecosistemico, perseguendo inarrivabili sogni di grandezza del porto di Genova che ad oggi non vede raggiungere i numeri propagandati, che stanno alla base delle scelte nella realizzazione delle grandi opere, quali il terzo valico dei giovi, nuovamente fermo per problemi tecnici, più volte sottolineati dai comitati contro l’ennesima grande opera inutile e dannosa e come al solito inascoltati, o il progetto autostradale della gronda di Genova, decennale progetto che se non aveva un senso quando è stato definito, ne ha ancora meno oggi, che ancora una volta non viene posto al centro di un confronto con la popolazione e con chi da più parti ha provato a proporre alternative trasportistiche in relazione ai bisogni reali della città.
E non ultimo quanto sta subendo la Valpolcevera, indicata quale zonalogistica semplificata, proprio legato a questi due progetti, perché se, per il terzo valico, i danni causati e che ancora stanno coinvolgendo la vita delle persone in Valle, anche in relazione ai lavori che interessano l’ultimo miglio, che dal porto di Sampierdarena si collega al terzo valico nella zona di Fegino in corrispondenza del nodo ferroviario, per il quale ricordo, avevamo sostenuto un progetto alternativo meno impattante e che poteva anche dare un ritorno utile al bisogno di mobilità dalla bassa Vallescrivia al centro città e non solo, che poteva almeno portare ad un dibattito e un confronto, mai sostenuto ne preso in considerazione. Per la Gronda non esiste neppure ancora il via libera alla realizzazione del progetto, ma sono già attive alcune lavorazioni di quello che viene definito il “lotto zero”, che hanno già avuto impatto pesante sul territorio, sia in Valpolcevera che in Valbisagno.
Cantieri che si sovrappongono, un po' ovunque, soprattutto da quella linea di demarcazione che è Dinegro, verso il Ponente e la Valpolcevera, vedi lavori della metropolitana, l’impatto del ribaltamento a mare di Fincantieri, senza una gestione che tenga conto di chi vive e lavora in questa parte di città o di chi deve spostarsi per raggiungere i luoghi di studio e lavoro, che ogni giorno vive una avventura infinita, oltre agli impatti degli stessi sulla qualità della vita e soprattutto sulle possibili conseguenze sulla salute delle persone.
Il tutto in un territorio già vessato da servitù negli anni, basti pensare all’industria pesante che ha lasciato segni profondi e che dopo la sua dismissione, oltre a non aver garantito lavoro pulito e stabile, ha avuto impatti dal punto di vista ambientale e sulla salute delle persone, sarebbero da indagare le cause, che certamente riguardano vari determinanti, sulla maggiore mortalità delle persone, proprio in queste aree.
E’ evidente che una amministrazione che mette al centro quello che è il profitto di imprese, che non stanno creando la decantata ricchezza reinvestendo sul territorio e sulla possibilità di lavoro buono, ma riguarda una cerchia ristretta, proprio in linea con quel sistema economico che chi sostiene queste amministrazioni, incarna, dove sono gli interessi della finanza e del mantenimento del potere a determinare, appunto, le scelte che si fanno sul territorio, dalla scuola, alla sanità alla tutela di ambiente e territori, non potrà mai avere la volontà di ascolto dei bisogni di quella parte della popolazione che è più in difficoltà economica e sociale, che vive ai margini che ha difficoltà a far sentire la propria voce, impegnata com’è nella necessità di sopravvivere.
Una città che sta perdendo popolazione residente, che è sempre più anziana, in cui l’opposizione istituzionale, che nell’apparenza si presenta in contrapposizione all’attuale amministrazione, concentrata com’è, più nella volontà di ritornare a governare il potere, che a proporre davvero una visione di società differente. Non si può certo prescindere dalle scelte che vengono fatte a livello nazionale nonché europeo, sulla questione di politica economica, dal pareggio di bilancio, all’aumento delle spese militari, alla debolezza con cui si contrastano allucinanti leggi quali l’autonomia differenziata o l’ex DDL 1660, o il silenzioso disegno di legge sul nucleare, per non scordare lo svuotamento delle norme sulle valutazioni ambientali, per fare esempi, perché queste incidono pesantemente sulle amministrazioni locali e sulle scelte che poi queste possono far ricadere sui territori.
L’impressione è che l’amministrazione provi, ogni volta che nasce una contestazione da parte della popolazione, a dare un colpo al cerchio e una alla botte, utilizzando le armi del confronto personale dando risposte, spesso meramente economiche, alle lecite richieste da parte di chi subisce danni, ma che allontana dalla necessità di creazione di quel giusto conflitto che porti a soluzioni, che riguardino interessi collettivi, nell’ottica di preservare il bene comune al di là delle necessità di mercato.
In questo modus operandi si inserisce una opposizione istituzionale debole che finisce per sostenere rivendicazioni nella gestione del male minore, che sempre male è, su scelte che, per altro, come per le grandi opere, non vengono contestate nel merito, anzi quasi tutte, sono state sostenute e proposte proprio da chi ora si erge a paladino di abitanti, che si sentono sopraffatti da questa politica.
In questo contesto si inserirà la nuova “competizione” elettorale della prossima primavera, perché di questo si tratta, per le prossime amministrative, e nuovamente sarà riproposta la necessità del voto
utile, da capire poi a chi e per fare cosa poco importa, non a caso in questi giorni si parla più del nome del candidato sindaco, ovviamente maschio e del partito di maggioranza anche nel centrosinistra che, di quale visione di città e società si voglia portare avanti.
Mentre dall’altra parte si continuerà la campagna elettorale permanente, cui ormai siamo abituati, elargendo compensazioni, propagandando opere di abbellimento nei vari municipi, magari investendo in manutenzione del verde, illusorio chiamare piano del verde un manuale che poco tiene conto di ecosistemi di aree rinaturalizzate, liberate dal cemento, di alberature tra le case nella gestione e mitigazione degli effetti ormai innegabili dei cambiamenti climatici, o piccole manutenzione di strade, vedremo quante verranno asfaltate, sperando non sperperino tutti i denari a disposizione del comune, nei mesi di campagna elettorale, restando all’asciutto poi, in caso di necessità, post elezioni.
Ovviamente starà a tutti noi avere la capacità di creare quella “massa critica”, la chiamavano così una volta, quelle aree di serio conflitto collettivo, di presa di consapevolezza dei diritti, per creare quella necessaria opposizione sociale di quella “città di sotto” dimenticata.
di Antonella Marras ex candidata a Sindaco di Genova